- Stampa Articolo |
- Commenti 0
Del.icio.us
| Facebook
| Digg
Rubrica: Study & Research
Gli alimenti funzionali nell’alimentazione del cane e del gatto
Si definiscono gli alimenti funzionali e gli effetti riscontrati in seguito all’impiego di probiotici, prebiotici e simbiotici nell’alimentazione del cane e del gatto
Monica Isabella Cutrignelli
FotoGallery composta da 4 foto.Il concetto di alimento funzionale è stato introdotto in Giappone negli anni ’80 e si pensa derivi dalla tradizione orientale di utilizzare gli alimenti come medicamenti, e dalla presa di coscienza che in una società sempre più anziana è necessario prevenire le patologie correlate allo stile di vita attraverso il miglioramento della dieta (Clydesdale, 1997; Arai et al., 2001). In tal modo è stato riconosciuto all’alimentazione non soltanto il ruolo di fornire principi nutritivi utili a soddisfare i fabbisogni dell’organismo, ma anche quello di modularne le funzioni primarie (Arai, 1996). Tale idea è stata condivisa anche nei Paesi occidentali e, attualmente sono presenti sul mercato mondiale numerosi alimenti funzionali, alcuni di derivazione tradizionale (Scholey, 2004; Dórea e da Costa, 2005) ed altri di nuova concezione (American Dietetic Association, 2004; Arvanitoyannis et al., 2005). Un contributo importante all’evoluzione del concetto di “alimento funzionale” è derivato dalle numerose ricerche scientifiche che negli ultimi decenni hanno evidenziato, con abbondanza di dati sperimentali, lo stretto legame tra alimentazione e salute.
Non esiste un accordo a livello internazionale sulla definizione di alimento funzionale, tuttavia una definizione comunemente accettata è la seguente “un alimento funzionale è un alimento o un ingrediente di una dieta che può apportare effetti benefici sulla salute, oltre quelli nutrizionali” (International Food Information Council, 2006). Alcuni autori sostengono che tale definizione non sia né sufficientemente precisa né abbastanza esplicita da poter essere utilizzata in contesti scientifici (Clydesdale, 1997) e non sia in grado di rappresentare una solida base per un successo commerciale a lungo termine (Katan e de Roos, 2004).
Il Codex Alimentarius che fornisce le linee guida per l’identificazione degli alimenti e le raccomandazioni per garantire la salute attraverso una corretta alimentazione, non fornisce una specifica definizione degli alimenti funzionali; anche se utilizza la definizione “altre funzioni” per indicare “gli effetti positivi sulla salute, il miglioramento delle funzionalità o il mantenimento dello stato di salute”; e l’indicazione di “riduzione del rischio patologico” come “la riduzione del rischio di sviluppo di malattie o condizioni correlate alla sanità”. In una recente rassegna bibliografica Fleeman (2007) ha riassunto le differenti definizioni utilizzate per gli alimenti funzionali, al fine di evidenziare quanti differenti aspetti possono essere racchiusi nel termine. Tale schema è riportato in tabella 1.
Un alimento viene definito funzionale quando viene dimostrato che il suo consumo, come parte di una dieta, consente effetti benefici sugli andamenti fisiologici e/o consente di ridurre il rischio di malattie croniche agendo al di là delle sue funzioni nutrizionali di base. Tuttavia non esiste un accordo internazionale sull’etichettatura da dare a tali prodotti e la legislazione in materia varia notevolmente da Paese a Paese. Infatti, accanto a Paesi, come il Giappone e gli Stati Uniti, dove la materia è stata ampiamente regolamentata già da alcuni anni (Arai et al., 2001; Hirahara, 2004; Storey, 2004; Ross, 2000; Lupien, 2005; Noonan e Noonan, 2006), esistono Paesi come il Canada, la Nuova Zelanda e l’Australia dove l’indicazione di possibili effetti positivi per la salute è proibita sulle etichette degli alimenti (Tapsell et al., 2005). La maggior parte dei Paesi asiatici, infine, non ha leggi specifiche sull’etichettatura degli alimenti (Tee et al., 2002).
Anche la normativa vigente nella comunità Europea sull’etichettatura dei prodotti alimentari non prevede alcuna indicazione di riduzione del rischio patologico, anche se la Confederazione degli industriali alimentari e delle bavande (CIAA) ha proposto che venga fatto un emendamento a tal proposito (CIAA, 2006). In diversi Paesi della Unione Europea, le leggi nazionali sono molto più restrittive di quelle esistenti negli Stati Uniti, ma, a causa della mancanza di normative comunitarie, esistono notevoli differenze anche tra i Paesi dell’UE. Tuttavia è in corso l’elaborazione di una legge comunitaria relativa ai “novel food” di cui fanno parte molti alimenti funzionali commercializzati in Europa (Palou et al., 2004).
In generale, un alimento può essere considerato funzionale se dimostra in maniera soddisfacente di avere effetti positivi su una o più funzioni specifiche dell’organismo, che vadano oltre gli effetti nutrizionali normali, in modo tale che sia rilevante per il miglioramento dello stato di salute e di benessere e/o per la riduzione del rischio di malattia. Esempi di alimenti funzionali sono i cibi che contengono determinati minerali, vitamine, acidi grassi o fibre alimentari e quelli addizionati con sostanze biologicamente attive, come i principi attivi di origine vegetale o altri antiossidanti e probiotici che hanno colture vive dotate di proprietà benefiche.
Come indicato dal rapporto della Commissione Europea sulla Functional Food Science in Europe (Diplock A.T. et al., 1999) gli alimenti funzionali devono comunque restare «alimenti», come tradizionalmente li conosciamo, e dimostrare la loro efficacia nelle quantità normalmente consumate nella dieta. Funzionale può essere un alimento integrale naturale, un alimento a cui è stato aggiunto un componente, o un alimento da cui è stato eliminato un elemento con mezzi tecnologici o biotecnologici. Può anche trattarsi di un alimento in cui è stata modificata la natura di uno o più componenti, o la biodisponibilità di uno o più elementi, o una qualsiasi combinazione di queste possibilità. Può essere destinato alla popolazione in genere o a gruppi specifici di persone che possono essere definiti, per esempio, in base all’età o alla costituzione genetica. In tabella 2 vengono riportati alcuni esempi di alimenti funzionali ottenuti secondo le diverse possibilità produttive sopraindicate.
Probiotici e prebiotici costituiscono un'area di crescente interesse scientifico, nell'ambito degli alimenti funzionali. La comunità scientifica internazionale da diversi anni ha cominciato a valutare strategie di controllo della salute prendendo in considerazione le proprietà curative dei prebiotici e dei batteri probiotici.
Il bersaglio diretto dell'azione di questi ingredienti è l'intestino, ma indirettamente è l'intero organismo a beneficiare dei loro effetti. La funzione è quella di promuovere la proliferazione, e l’equilibrio della composizione batterica che costituisce l'ecosistema intestinale.
La popolazione microbica presente nell’intestino è costituita da centinaia di specie diverse, le cui molteplici attività metaboliche influenzano lo stato di salute dell'ospite. In particolare, nel corso dell'evoluzione della specie umana, si è instaurato un importante e delicato equilibrio di mutuo vantaggio, tra uomo e microflora, che rischia, però, di essere compromesso da improvvisi cambiamenti. In condizioni di stress psico-fisici, alimentari, ambientali o in seguito all'assunzione di farmaci, si assiste ad uno sbilanciamento della microflora (disbiosi) che rende l’organismo suscettibile all'attacco di patogeni.
La dieta, attraverso opportuni interventi alimentari, costituisce uno dei principali fattori, di natura esogena, in grado di influenzare la composizione quali/quantitativa della microflora intestinale. L'approccio più comune comporta il consumo di prodotti alimentari tradizionali, quali yogurt e latte fermentato, che contengono essenzialmente probiotici, definiti come microrganismi vivi, in grado di influenzare positivamente l'ospite, migliorandone l'equilibrio microbico intestinale (Guarner e Schaafsma, 1998). Seppur inconsapevolmente, probiotici e prebiotici, rientrano ormai abitualmente nelle scelte alimentari di ciascuno di noi, poiché l'idea salutistica, legata al consumo di yogurt e latte fermentato, è ormai una scelta consolidata di gran parte delle popolazioni occidentali (Stanton et al., 2001).
Più recente ed innovativo è l'uso dei prebiotici, intesi come ingredienti alimentari non digeribili che, a livello dell'intestino crasso, stimolano selettivamente la crescita e/o l'attività metabolica di un numero limitato di gruppi microbici, benefici per il buon funzionamento dell’organismo (Gibson e Roberfroid, 1995). In particolare questi ultimi sembrano poter apportare benefici all’organismo (Van Loo et al., 1999), perché contengono anche substrati che possiedono un’azione specifica di sostegno per l’impianto e la crescita della flora batterica.
La popolazione batterica intestinale e il suo biochimismo, influenzano numerosi aspetti della fisiopatologia dell’ospite, come i processi digestivi, il metabolismo lipidico e la resistenza all'invasione di microrganismi patogeni. Inoltre, sono in grado di manifestare attività benefiche su organi e tessuti, indipendentemente dalle modalità e vie di somministrazione perseguite (Schrezenmeir e de Vrese, 2001). Quest’ultimo effetto è spiegabile attraverso la capacità dei probiotici e prebiotici di implementare l’immunocompetenza della mucosa intestinale e di regolare la permeabilità della parete intestinale, che in situazioni patologiche può aumentare, lasciando passare pericolosi patogeni nel circolo sanguigno (Berg, 1999).
Alla luce di queste informazioni, è comprensibile il grande interesse scientifico sui probiotici e prebiotici, in quanto, oltre alle loro caratteristiche nutrizionali, presentano un notevole potenziale terapeutico e profilattico in diversi ambiti applicativi. Inoltre, le attenzioni della ricerca in questo settore, sono già tese ad indagare gli effetti derivanti dalla combinazione di probiotici e prebiotici, che viene designata con il termine di simbiotici. Questi nuovi alimenti risulterebbero vantaggiosi in quanto, oltre a stimolare selettivamente la crescita e/o il metabolismo di gruppi microbici utili per la salute dell'ospite, determinerebbero nel tratto intestinale, maggiori sopravvivenza e colonizzazione dei microrganismi probiotici presenti nel prodotto stesso (Collins e Gibson, 1999).
Probiotici
Il presupposto alla base dell'attività di un probiotico, è la resistenza all'attacco degli acidi a livello gastrico, che consente al pool batterico di conservare la vitalità, condizione indispensabile per l'azione a livello intestinale.
Attualmente i probiotici vengono prevalentemente consumati come latticini, quali yogurt e latte fermentato, o attraverso l'assunzione di preparati liofilizzati impiegati nella preparazione di capsule, tavolette o sciroppi. Le preparazioni probiotiche presenti sul mercato, contengono miscele di batteri dei generi Lactobacillus (L. acidophilus, L. casei, L. bulgaris), Bifidobacterium (B. bifidum) e Streptococcus (S. termophilus), in quanto sono componenti importanti per la microflora intestinale e sono i generi relativamente più sicuri (Tannock, 2002).
Il legame fra l'attività della microflora intestinale e la suscettibilità alle patologie rappresenta dunque un'area di notevole interesse. È, quindi, generalmente accettato nel campo della nutrizione umana e animale che le specie probiotiche devono originare dalla specie animale in cui saranno utilizzate. Esistono pochi studi sperimentali relativi all'utilizzo dei probiotici specifici nelle diete per gli animali da compagnia. Tuttavia diversi studi condotti in vivo (Benyacoub et al., 2003; Weese e Anderson, 2002) hanno dimostrato che alcuni probiotici presenti in commercio e destinati all’uomo sono in grado di sopravvivere al transito attraverso l’apparato digerente di cani e gatti, di modificare la popolazione microbica intestinale (Baillon et al., 2004; Marshall-Jones et al., 2006) e di esercitare effetti benefici sul sistema immunitario (Benyacoub et al., 2003; Marshall-Jones et al., 2006).
In particolare Baillon et al. (2004) hanno valutato gli effetti della somministrazione nella specie canina di Lactobacillus acidophilus DSM 13241 e la scelta di questo ceppo è avvenuta sulla base delle sue caratteristiche di crescita, attività antimicrobica contro i patogeni e tasso di sopravvivenza intestinale. La somministrazione di 2 x 109 UFC/d a 15 cani ha evidenziato un significativo incremento nella popolazione di lattobacilli reperibili nelle feci con una concomitante riduzione della popolazione di clostridi (attività anti-infettiva).
Gli animali non hanno mostrato modificazioni significative dei parametri ematobiochimici, della temperatura corporea o delle caratteristiche delle feci. Gli studi relativi alla funzionalità del sistema immunitario hanno evidenziato incrementi significativi di IgG sieriche, mononociti e neutrofili e una riduzione della fragilità osmotica dei globuli rossi. L’utilizzo di probiotici ha in questo caso modificato la popolazione microbica intestinale e determinato effetti sistemici positivi che hanno implicato la stimolazione del sistema immunitario così come osservato negli studi effettuati sull'uomo in seguito all'assunzione di Lactobacillus spp. (Tannock et al, 2002).
Il Lattobacillus rhamnosus GG, uno dei probiotici maggiormente studiati, ha dimostrato di resistere alle secrezioni acide e biliari e di colonizzare il tratto gastrointestinale nell'uomo (Gibson e Roberfroid, 1995; Saxelin et al., 1991). Studi recenti con l'utilizzo di modelli animali hanno suggerito che il Lactobacillus rhamnosus GG (LGG) può essere di beneficio nel trattamento delle patologie infiammatorie dell'intestino e nella colite ulcerativa nell'uomo. Questi risultati suggeriscono che i probiotici, in particolare LGG, possono essere efficaci anche nel trattamento delle patologie gastrointestinali nella specie canina (Tzortizis et al., 2004) e del gatto (Marshall-Jones et al., 2006).
Piuttosto controversi sono, invece i risultati relativi all’impiego di Eneterocococcus faecium NCIMB10415: Vahjen e Manner (2003) hanno riscontrato nelle feci di cani che ricevevano il probiotico aumento, anche se non significativo, delle concentrazioni di Salmonella spp e Campylobacter spp, mentre altri autori (Kaiser, 2003; Franz et al., 2001) hanno riscontrato effetti benefici in seguito alla somministrazione prolungata di tale ceppo probiotico con riduzione delle concentrazioni fecali di Escherichia coli, Salmonella spp., Campylobacter spp e di clostridi enterotossici. Inoltre Benyacoub et al., (2003) somministrando Eneterocococcus faecium (5 x 105 UFC/die) dallo svezzamento fino a un anno di età a cuccioli dal momento dello svezzamento all’età di un anno hanno evidenziato un significativo aumento dei livelli di IgA fecali e di IgG e IGA specifiche verso il virus del cimurro.
Anche nel gatto Veir et al. (2005), somministrando E. fecium dalla settima alla ventisettesima settimana di vita, hanno riscontrato un significativo aumento dei livelli salivari e sierici di IgA specifiche in seguito alla vaccinazione trivalente verso herpes virus-1, caliciviris e panleuocopenia.
Biourge et al. (1998), così come evidenziato in studi precedenti (Lesradet, 1995), hanno confermato la capacità del Bacillus CIP 5832 di sopravvivere e moltiplicarsi nel tratto gastrointestinale del cane e l'incapacità dello stesso di persistere se non somministrato continuamente; in questo stesso studio, inoltre, è stato dimostrato che la digeribilità della sostanza organica, appare leggermente migliorata con l'utilizzo dei probiotici.
Attualmente sono disponibili pochi dati relativamente all’efficacia dell’aggiunta di probiotici ai pet-food. Alcuni studi sperimentali hanno dimostrato che le diete commerciali non rappresentano adeguate fonti di probiotici in termini di numero, vitalità dei microrganismi e spesso anche relativamente al carattere di specie-specificità. Uno studio americano ha valutato l'effettiva presenza di tali ingredienti in alimenti del mercato statunitense che reclamizzavano la presenza di probiotici (Weese e Arroyo, 2003). Su diciannove alimenti analizzati dodici nonostante utilizzassero il termine "probiotici" in qualche parte della confezione, in realtà in etichetta indicavano semplicemente la presenza di prodotti della fermentazione batterica, ma non la presenza di batteri vitali. Inoltre nessuno di essi all'analisi microbiologica mostrava la presenza di tutti i batteri elencati negli ingredienti; addirittura undici avevano anche specie batteriche addizionali, non segnalate sulla confezione.
Quindi, mentre la produzione di diete contenenti probiotici sembra possibile, sembrano necessarie ulteriori indagini per selezionare le specie batteriche con proprietà benefiche in vitro ed in vivo e in grado di sopravvivere ai processi di produzione e conservazione dei pet-food. Ricordiamo che i probiotici sono microrganismi vivi che devono raggiungere vitali l’intestino. Se veicolati con i mangimi devono pertanto risultare stabili, vivi ed efficaci nel prodotto finito e dovranno essere resistenti ai trattamenti tecnologici (estrusione) e alle condizioni ambientali in cui il mangime finito viene conservato. Per rendere possibile la loro sopravvivenza nei mangimi sono preferiti i microrganismi sporigeni che hanno maggiori possibilità di sopravvivenza in un alimento secco e, conseguentemente, possono garantire che durante tutta la durata di conservazione dell'alimento, l’animale possa ingerire la minima dose necessaria per poter ottenere un beneficio dal probiotico. Va però considerato che gli sporigeni difficilmente una volta ingeriti mutano nella forma vegetativa e riescono a colonizzare efficacemente il digerente; per questo motivo è indispensabile che l'animale assuma in maniera continuativa l’alimento contenente il probiotico affinché esso sia costantemente presente nel suo tratto intestinale.
Prebiotici
Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che alcuni prodotti vegetali influenzano la regolazione della microflora intestinale e sarebbero anche in grado di ridurre gli effetti indesiderati. Questi prodotti sono indigeriti dagli enzimi gastrici e intestinali, mentre sono utilizzati da alcuni batteri saprofiti del colon, quali Lattobacilli e Bifidobatteri, come fonti energetiche indispensabili per il loro sviluppo.
Gibson and Roberfroid (1995) hanno introdotto il termine prebiotico per indicare tali composti naturali, definendoli come alimenti indigeribili con effetti benefici per l’animale ospite, legati allo sviluppo selettivo di alcune specie batteriche saprofite nel colon.
L'utilizzo di prebiotici rappresenta un'interessante alternativa all'utilizzo dei probiotici perché è possibile evitare gli svantaggi dell'utilizzo dei probiotici, in quanto a differenza di questi, i prebiotici possono essere incorporati in una vasta gamma di prodotti e sono stabili al trattamento termico. Tale resistenza rende i prebiotici particolarmente indicati per l’impiego nell’industria dei pet-food, tuttavia esistono pochi dati sperimentali relativi all'utilizzo di prebiotici nei piccoli animali (Flickinger at al., 2003).
Di seguito vengono riportati alcuni esempi di prebiotici:
I mannano-oligosaccaridi (MOS) sono polisaccaridi strutturali composti da mannosio, naturalmente presenti in diversi prodotti vegetali soprattutto esotici. Tali sostanze sono in grado di aumentare la resistenza ad agenti patogeni dell’animale che li ingerisce. Ciò è dovuto alla capacità dei MOS di legarsi alle lectine (proteine leganti i carboidrati), presenti nella porzione più superficiale della mucosa enterica, occupando i recettori coniugati e rendendoli indisponibili per l’adesione dei patogeni. I MOS sembrano, inoltre, essere in grado di espletare una funzione di miglioramento della risposta immunitaria aspecifica, infatti la somministrazione di tali polisaccaridi fa aumentare la concentrazione di IgA nel contenuto ciecale di ratto (Kudoh et al., 1999) e l’attività dei neutrofili nei cani (O’Carra, 1997). Studi sulla risposta gastro-intestinale e immunitaria effettuati su cani adulti (Swanson et al., 2002) hanno dimostrato che la somministrazione di MOS riduce la concentrazione fecale Escherichia coli e fa aumentare l’ingestione volontaria di alimento e la produzione di feci, ma non provoca effetti significativi né sulle immunoglobuline, né sulla quantità di sostanza secca e di sostanza organica escrete con le feci.I frutto-oligosaccaridi (FOS) sono omo-polisaccaridi del fruttosio costituiti da brevi catene di fruttosio unite da legami β(2-1) ad una molecola di glucosio. Le più comuni fonti di FOS sono la cicoria., i carciofi, il miele, l’aglio, la banana e la cipolla. È stato dimostrato che i FOS favoriscono lo sviluppo di bifidobatteri e lattobacilli, ma anche di alcuni streptococci, mentre limitano lo sviluppo di Clostridium perfringens in diverse specie animali, compreso il cane.
Flickinger et al. (2003), hanno invece evidenziato che il supplemento dietetico di FOS non altera le concentrazioni fecali degli anaerobi totali, bifidobatteri e lattobacilli.Nel cane l’aggiunta di FOS alla razione in ragione del 1% della dieta ha fatto registrare un significativo aumento delle colonie di bifidobatteri nelle feci rispetto alla dieta controllo (Russell, 1998). Ciò consente di ottenere una riduzione significativa della produzione di sostanze putrefattive, quali gli acidi grassi a catena ramificata iso-valerianico, iso-butirrico, nonché di indolo e fenolo, con contemporaneo aumento delle concentrazioni fecali di butirrato e lattato. La somministrazione di FOS, in ragione di 4 g/d alla specie canina ha evidenziato incrementi significativi del numero dei bifidobatteri e lattobacilli con una piccola, ma significativa riduzione del numero di clostridi (Swanson et al., 2002), contestualmente sono stati evidenziati incrementi dei livelli di lattato e butirrato, ma anche di ammoniaca, isovalerato, dimetilsolfato.
Anche nella specie felina sono stati condotti studi sperimentali con somministrazione di diete contenenti 0,75% di FOS per 12 settimane. Lo studio batteriologico, condotto su un terreno selettivo, ha evidenziato anche in questa specie significativi incrementi nel numero di lattobacilli e batteroidi e parallele riduzioni del numero di Clostridi ed Escherichia coli (Schiffrin et al., 1995).
Inulina e oligofruttosio. La prima è un carboidrato costituito quasi esclusivamente da β-(2 l) fruttosil fruttosio, che è presente, come carboidrato di riserva, in diversi prodotti vegetali, quali cipolla, aglio e cicoria (Yazawa et al., 1978). La maggior parte dell’inulina reperibile in commercio viene estratta da radici di cicoria. L’oligofruttosio, invece, si ottiene da una parziale idrolisi enzimatica dell’inulina o sintetizzato a partire da Aspergillus niger. L’oligofruttosio è costituito da saccarosio legato con un numero variabile di molecole di fruttosio, uniti mediante legami di tipo β(2-1). La presenza di questo tipo di legami impedisce la digestione idrolitica di tali carboidrati nella prima parte dell’intestino dei monogastrici e rende tali molecole disponibili per le fermentazioni ad opera dei microrganismi presenti nel grosso intestino (Fishbein et al., 1988). L’inulina influenza la composizione della popolazione microbica intestinale, stimolando lo sviluppo di bifidobatteri, lattobacilli e bacteroidi, limitando la colonizzazione di patogeni (Havenaar et al., 1999).
Studi di fermentazione in vitro, utilizzando come inoculo feci di cane e come substrato oligofruttosio hanno evidenziato la repentina produzione di acidi grassi a corta catena che dovrebbero facilitare lo sviluppo delle cellule della mucosa intestinale (Sunvold el al., 1995; Cutrignelli, 2007). Negli animali alimentati con elevate dosi di fruttani all’inizio della somministrazione possono riscontrarsi effetti indesiderati, quali diarrea o moderato calo dell’ingestione (Propst et al., 2003).
Galattosaccaridi (GOS) vengono prodotti in seguito all’azione trans-galattosidasica della galattosidasi sul lattosio. I prodotti in commercio sono in larga parte costituita da tri, tetra, penta ed esa-saccaridi del lattosio. I legami tra le diverse molecole possono essere di diverso tipo (principalmente 1-4, 1-6, e 1-3) in funzione dell’enzima utilizzato per la produzione (Amaretti et al., 2007). Come dimostrato in diversi studi condotti in vivo ed in vitro sono in grado di resistere all’azione idrolitica degli enzimi digestivi umani ed animali e non vengono assorbiti a livello del piccolo intestino, mentre sono fermentabili ad opera della popolazione microbica del colon ed in modo particolare da bifidobatteri, alcuni lattobacilli e batteroidi. Tali fermentazioni portano alla formazione di acidi grassi a corta catena, favorendo lo sviluppo delle suddette specie batteriche a discapito di quelle patogene. In particolare studi sperimentali con l'utilizzo di lattosaccarosio sono stati effettuati sulla specie canina (Terada et al., 1992) e sui felini (Terada et al, 1993). Somministrando 1,5 g di lattosaccarosio/d a 8 cani per 2 settimane sono state evidenziate modificazioni statisticamente significative a carico della microflora intestinale, in particolare è stato evidenziato un significativo incremento dei bifidobatteri con concomitante riduzione di clostridi e tossine, nonché una minore intensità di odore fecale.
In gatti la cui dieta è stata addizionata di 750 mg/d di lattosaccarosio per 2 settimane sono stati evidenziati incrementi significativi nel numero di bifidobatteri e lattobacilli rilevati nelle feci. Riduzioni significative sono state evidenziate a carico del numero dei clostridi ed Enterobacteriace; anche in questo studio il livello di tossine e l'odore fecale sono risultati ridotti.
Simbiotici
Un’altra strategia, finalizzata alla modificazione del microbiota intestinale, è rappresentata dalla “creazione” di simbiotici nei quali probiotici e prebiotici sono usati in combinazione (Berg, 1998), per sfruttare i benefici effetti per l'ospite, derivanti dalle due classi di alimenti funzionali. I simbiotici mirano al miglioramento della sopravvivenza del microrganismo probiotico, in quanto dalla combinazione, risulta immediatamente disponibile il substrato fermentescibile, necessario alla colonizzazione nell'intestino del microrganismo. Le potenziali combinazioni, che si possono ottenere tra le differenti specie batteriche di probiotici disponibili, e i vari tipi di prebiotici, sono numerose, ma sono ancora pochi gli studi scientifici disponibili, che dimostrino l'eventuale attività additiva o sinergica della combinazione. A supporto di questo, si cita uno studio condotto su ratti, finalizzato alla valutazione delle proprietà anticarcinogeniche di alcuni simbiotici. Si dimostra infatti, come la combinazione di bifidobatterio e oligofruttosio possieda un effetto additivo nella riduzione del tumore al colon, mentre altri oligosaccaridi non determinano risultati certi (Gallaher e Khill, 1999). Questo denota la necessità di ulteriori indagini, mirate alla valutazione sperimentale e clinica di specifiche combinazioni simbiotiche.
Un interessante sviluppo nel settore dell'alimentazione dei piccoli animali è rappresentato dall'utilizzo di simbiotici specie-specifici, effettuato per la prima volta con probiotici derivanti dalla specie canina. Sono state isolate (Terada et al., 1992b) da un Labrador 5 specie di Lattobacilli (L. acidophilus, L. murinus, L. mucosae e L. rhamnosus).
Sono state, quindi valutate in vitro tre specie L. mucosae, L. acidophilus, e L. reuteri per la loro capacità di crescita su diversi carboidrati e per la loro attività antimicrobica contro Salmonella enterica sierotipo Typhmurium, E.coli O157:H7. Sulla base di queste informazioni possono essere identificate le specie simbiotiche con attività contro specifici target patogeni.
Alla luce delle informazioni raccolte i probiotici e i prebiotici possiedono interessanti proprietà per continuare ad essere sviluppati, dalle industrie alimentari e farmaceutiche.
Lo sviluppo di sistemi alimentari che promuovono il miglioramento della salute e dello stato di benessere dell'organismo rappresenta attualmente una nicchia di mercato con una crescente impatto economico (Klaenhammer, 2000). Non solo sarà importante determinare in che modo questi alimenti funzionali possano influenzare il decorso di diverse patologie, ma sarà anche importante determinarne l'uso ottimale come strumento di profilassi e prevenzione. La comprensione dei meccanismi d'azione in generale di questi principi funzionali, potrà essere utile nel delineare sempre meglio la stretta correlazione esistente tra alimentazione e salute.
La crescente richiesta di alimenti funzionali anche per i pet condurrà certamente all'inglobamento di probiotici, prebiotici e simbiotici nei pet-food così come è avvenuto per altre sostanze ad azione extra nutrizionale, come gli estratti di erbe officinali. Questo perché oggi all'alimentazione sia dell’uomo che degli animali (zootecnici e da compagnia) non si richiede solamente il soddisfacimento dei singoli fabbisogni nutritivi, ma un ruolo ulteriore, che, sulla base delle evidenze scientifiche che si stanno sviluppando, mira, in un'ottica a lungo termine, a migliorare lo stato di salute dell'organismo e a ridurre il rischio di sviluppare alcune patologie.
Bibliografia
Amaretti A, Bernardi T, Tamburini E, Zanoni S, Lomma M, Matteuzzi D, Rossi M (2007) Kinetics and Metabolism of Bifidobacterium adolescentis MB 239 Growing on Glucose, Galactose, Lactose, and Galactooligosaccharides Applied and Environmental Microbiology, 73: 3637–3644
American Dietetic Association (2004) position of the American Dietetic Association: functional foods. I. Am. Diet. Association 104:814-826.
Arai S. (1996) studies on functional foods in Japan: State of art. Biosci Boitechnol Biochem 60: 9-15
Arai S., Osawa T., Ohigashi H., et al. (2001) A mainstay of functional food science in Japan: History, present status and future outlook. Biosci Boitechnol Biochem 65: 1-13
Arvanotoyannis IS, van Houwelingen-Koukaliaroglou M. (2005) Functional foods a survey of health claims, pros and cons and current legislation. Crit. Rev. Food Sci. Nutr. 45: 385-404
Baillon, M. L.A., Marshall-Jones. Z. V., Butterwick, R. F. Effects of probiotic Lactobacillus acidophilus strain DSM13241 in healthy adult dogs. Am. J. Vet. Res. 2004; vol. 65:pp 338-343
Benyacoub J, Czarnecki-Maulden GI, Cavadini C., et al. (2003) Supplementation of food with Enterococcus faecum (SF68) stimulates immune functiona in young dogs. J. Nutr 133:1158-1162
Benyacoub J., Czarnecki-Maulden G. L., Cavadini C., Sauthier T., Anderson R. E.,Schiffrin E. J.,von der Weid (2003)T. Supplementation of food With Enterococcus faecium (sf68) Stimulates Immune Function in Young Dogs, J Nutr.) ; vol 133: 1158-1162.
Berg R.D. (1998) Probiotics, preboitics or conbiotics? Trends Microbiol 6: 89-92
Berg RD (1999). Bacterial traslocation from the gastrointestinal tract. Adv exp Med. Boil. 473: 11-30
Biourge V, Vallet C, Levesque A., et al. The use of probiotic on the diet of dogs. J. Nutr 128: 2730S-2732S
Cleisdale F.M. (1997) A proposal for the establishment of scientific criteria for health claims for functional foods. Nutrition Review 55: 413-422.
Codex Alimentarius Commission: Guideline for use of Nutrition and Health claims disponibile sul sito www.codexalimentarius.net
Collins MD, Gibson GR (1999) Probiotics, prebiotics, and synbiotics: approaches for modulating the microbial ecology of the gut A in J Clin Nuti 69: 1052S 1057S
Confederation of the Food and Drink Industries of the EU: proposal for Regulation of the EP and of the Council on Nutrition and Health claims made on foods. Disponibile sul sito www.ciaa.be/pages_en/homepage.asp
Comunitee On Opportunites In The Nutrition And Food Sciences, Food And Nutritional Board, Institute Of Medicine (1994) Opportunities on the Nutrition and food science: research challenges and the next generation of investigators. Washington DC, National Accademy press
Cutrignelli MI (2007) In vitro assessments of pre- and pro-biotics Suppl Compend Contn Ed Prect Vet 29: 38
Diplock A.T. et al. (1999), Editors. Scientific Concepts of Functional Foods in Europe - Consensus Document. British Journal of Nutrition;81(1):1-27.
Dòrea JG, da Costa THM (2005) Is coffee a functional? Br. J. Nutr.93: 773-782
Fishbein, L., Kaplan, M., and Gough, M. (1988). Fructooliogosaccharides: A review. Veterinari and Human Toxicology. 30: 104-107
Fleeman L. (2007) Defining functional food. Supplement to Compendium Continuing Education for Veterinarius 29: 7-10
Flickinger, E.A., Van Loo; J.& Fahey, G. C. (2003) Nutritional responses to the presence of inulun and oligofructose in the diets of domesticated animals: a rewiew. Crit. Rev,. Food Sci. Nutr. vol. 43: 19-60.
Flickinger, E.A., Van Loo; J.& Fahey, G. C. (2003) Nutritional responses to the presence of inulun and oligofructose in the diets of domesticated animals: a rewiew. Crit. Rev,. Food Sci. Nutr. vol. 43: 19-60.
Franz CM, Muscholl-Silberhorn AB, Yousif NM, et al. (2001) Incidence of virulence factors and antibiotic resistence among Echinococci isolated from food. Appl. Environ >Microbiol, 67: 4385-4389
Gallaher D.D., Khil J. (1999) The effect of synbiotics on colon carcinogenesis in rats. J Nutr 129: 1483S-1487S
Gibson G.R. and Roberfroid, M.B. (1995) Dietary modulation of human colonic microbiota: introducing the concept of probiotics. Journal of Nutrition 125: 1401-1412.
Gibson GR, Roberfroid MD (1995) Dietary inodulation ofthe human colonic microbiotica: introducing the concept of prebiotics J Nun 125 1401 1412
Guarner F e Schaafsma GJ (1998) Probiotics IntJFoodMicrobiol 39 237 238
Havenaar, R., Bonnin-Marol, S.,Van Dokkum, W., Petitet, S., and Schaafsma, G., (1999) Inulin, A literature review on fermentation and microbical ecology in the intestinal tract. Food Rev. Int., 15, 13-25
Heller IR, Taniguchi Y, Lobstein T (2006) Functional foods: public health boon or 21st century quackery? Disponibile sul sito http://www.cspinet.org
Hirahara T. (2004) Key factors for the success of functional foods: 2 sides of a coin? Am Cl J Nutr 77: 1001S-1007S.
International Food Information Council (2006) Back ground on functional food. Disponibile sul sito www.ific.org/nutrition/functional
Kaiser FH (2003) Safety aspect of enterococci from the medical point of view. Int J Food Microbiol 88: 255-262
Katan M.B., de Roos N.M.(2004) Promises and problems of functional foods. Crit. Rev. Food Sci. Nutr.44: 369-377
Klaenhammer T.D. (2000) Probiotioc bacteria: today and tomorrow. J. Nutr 130: 415S-416S
Kudoh, K., Shimizu, J., Ishiyama, A. , Wada, M.,Takita T., Kante, Y. Innami, S. (1999) Secretion excretion of immunoglobulin A to cecum and feces differ with type indigestible saccharides. Journal of Nutrition Science and Vitaminology 45: 173-181.
Lasradet, H. (1995). Probiotiques: le Bacillus CIP 5832 chez l’homme et l’animal. Med. Chirur. Dig. Vol. 24: 37-39.
Lupien J.R. Implication of food regulation for novel foods. Safety and labelling. World Rev. Nutr. Diet. 95: 140-150
Marshall-Jones ZV; Baillon MI, Croft JM, Butterwich RF (2006) Effect of Lactobacillus acidofilus DSM13241 as a porbiotic in helthy adult cats Am. J Vet Res 67: 1005-1012
Noonan C, Noonan W.P. (2006) Marketing dietary supplements in the United States: a review of requirements for new dietary ingredients. Toxicologies 221: 4-8
O’Carra R. (1997) An Assessment of the potential of the Mannan Oligosaccharides as immunostimulants. M.S. thesis, National University of Ireland, Galway, Ireland.
Palou A., Picò C., Bonet M.L. (2004) Food safety and functional foods in the European Union: obesity as a paradigmtic example for novel food development Nutr Rev 62 (suppl 7): S169-S181
Pizzolanti JM (2006) Nutraceuticals: food and drugs. Disponibile sul sito www.medscape.com
Propst E:L., Flickinger E.A., BAuer L. L., Merchen N. R. and Fahey G. C JR. A dose-response avaluating the effects of oligofructose and inulin on nutrient digestibility, stool quality and faecal protein catabolites in healthy adutl dogs. Journal of Anial. Science. 2003 81: 3057-3066
Riccardi G, Capaldo B, Vaccaro O Functional food in the management of obesity and type 2 diabetes Cult Med Psychiatry 8: 630-635
RiezzoG., Chiloiro M. Russo F. (2005) Functional foods: salient features and clinical applications. Current Drug Targets Immune Endocrine & Metabolic disorders 5: 331-337
Roos S. (2000) Finctional foods: The Food and Drug Administration prespective Am J Cin Nutr 71 (suppl): 1735S-1738S
Russell JB, Sniffen CJ, & Van Soest PJ (1983). Effect of carbohydrate limitation on degradation and utilization of casein by mixed rumen bacteria. Journal of Dairy Science 66, 763-775.
Saxelin M, Elo S, Salminen S, Vapaatalo H. Dose (1991)response colonisation of faeces after oral administration of Lactobacillus casei stain GG. Micribiol Ecol Health Dis vol 4:209-214.
Schiffrin E, Rochart F, Limk-Amster H, et al. (1995); Immunomodulation of blood cells following the ingestion of lactic acid bacteria. J Dairy Sci. vol. 78: 491-7.
Scholey A. (2004) Chewing gum and cognitive performance: a case of a functional food with function but no food? Appetite 43: 215-216
Schrezenmeir J., de Vrese M.M. (2001) Probiotics, prebiotics and symbiotics-approaching a definition Am. J. Clin. Nutr., 73: 361-364
Stanton C Gardiner G Meehan H (2001) Market potential for probiotics A in .1 Clin Nutr 200173:476S 483S
Storey M.L. (2004) Regulatory issues of functional foods, feeds, and nutraceuticals Vet Clin North Am Small Anim Pract 34: 329-338
Sunvold G.D., Fahey G.C., Merchen N.R., Reinhart G.A. (1995) In vitro fermentation of selected fibrous substrates by dog and cat fecal inoculum: influence of diet composition on substrate organic matter disapparence and short-chain fatty acid production. J. Anim. Sci 73: 1110-1122
Swanson S. Kelly, Grieshop M. Christine, Flickinger A. Elizabeth Bauer L. Laura, JoMay Chow, Wolf W. Bryan, Garleb A. Keith and Fahey C. George Jr. (2002). Fructoligosaccatides and Lactobacillus acidophilus modify gut microbial populations, Total tract nutrient digestibilities and fecal proteincatabolite concentrations in healthy adult dogs. Journal of Nutrition 132: 3721-3731
Tannock,G. W.(2002) Probiotic and Prebiotic: Where Are You Going? Caister Academic Press, Wymondham, UK.
Tapsell L.C., Patch C.S., Gillen L.S. (2005) A new look at intersectorial partnership supporting a healthy diet and active lifestyle: the centre of excellence in functional foods, Australia, combining industry, science and practice. World Rev Nutr Diet 95: 151-161
Tee E.S., Tamin S., Ilyas R., et al. (2002) Current status of nutrition labelling and claims on the South-East Asian region: Are we harmony? Asia Pac J Clin Nutr 11(sipppl 2): S80-S86
Terada A, H. Hara, S. Kato, S. Matsui, T. Kimura, I. Fujimori K. Hara, T. Maruyama and T Mitsuoka (1993) Effects of lactosucrose on faecal flora and faecal putrefactive products of cats. J. Vet. Med. Sci. 55: 291
Terada A, H. Hara, T.Oischi, S. Matsui, T Mitsuoka, S. Nakajyo, I. Fujimori and K. Hara. (1992) Effects of dietary lactosucrose on faecal flora and metabolites in dogs. Microbial Ecology 5: 87
Tzortzis, G., Baillon, M. L. A., Gibson , G. R. & Rastall, R.A.(2004) modulation of anti-pathogenic activity in canine-derived Lactobacillus species by carbohydrate growth substrate. J. appl. Microbial. vol.96: pp. 552-559.
Vahjen W, Manner K (2003) The effect of a probiotic Enterococcus fecium product in diets of healthy doga on bacteriological counts of Salmonella spp, Campylobacter spp in faeces. Arch. Tierernahr 57: 229-233
Van Loo J Cummings; J Delzerme N et al. (1999) Functional food properties of non digestible oligosaccharides: a consensus report from the ENDO project (DGXII AIRII CT94 1095BrJNuti 81(2):121
Veir JK, Knorr R., Benyacoub J, Lappin MR (2005) Effect of an Enterococcus faecium (SF68) enhanced diet on immune responses to a feline herpesvirus 1, feline calicivirus and panleukopenia vaccine in cats. Suppl Compend Contn Ed Prect Vet 28:62.
Weese Js, Anderson ME (2002) Preliminary evaluation of Lactobacillus rhamnosus strain GG, a potential probiotic in dogs. Canm Vet J, 43: 771-774
Weese, J. S., Arroyo L. (2003)Bacteriological evaluation of dog and cat diets that claim to contain probiotics, Can Vet J. vol. 44 212-216
Yazawa K, Imai K, Tamura Z, (1978) Oligosaccharides and polisaccharides specially utilisable by Bifidobacteria. Chemical and Pharmacological Bulletin 26, 3306-3311
Zeisel SH (1999) Regulation of “nutraceuticals” Science 285 (5435): 1853-1855
Tabella 1 - Selezione delle definizioni di alimenti funzionali
Definizione | Fonte |
Alimenti che possono essere considerati funzionali in quanto hanno dimostrato effetti benefici su una o più funzioni dell’organismo, a prescindere dagli effetti nutrizionali, migliorando lo stato di salute e la condizione di benessere o riducendo il rischio di patologie o entrambi. | Riccardi et al., 2005 |
Gli alimenti funzionali sono alimenti in cui la concentrazione di uno o più ingredienti è stata manipolata o modificata in modo da aumentarne gli effetti salutari | C.O.N.F.S., 1994 |
Gli alimenti funzionali sono apparentemente simili a quelli convenzionali e sono consumati come parte della dieta. Essi contengono uno o più ingredienti attivi (che hanno effetti fisiologici e forse favoriscono la salute). | Zeisel, 1999 |
Gli alimenti funzionali sono alimenti cui vengono aggiunti ingredienti che consentono di ottenere effetti benefici sulla salute del consumatore al di là degli effetti garantiti dall’alimento di per sé. | Heller et al., 2006 |
Gli alimenti funzionali sono alimenti o integratori con specifici effetti benefici, sviluppati in seguito a investimenti e ricerche. | Pizzolanto, 2006 |
Gli alimenti funzionali sono nuovi alimenti disegnati per essere efficaci nella riduzione dei rischi di patologie dovute allo stile di vita. | Arai et al., 2001 |
Gli alimenti funzionali sono alimenti marchiati, che esplicitamente o implicitamente migliorano la salute o il benessere | Katan et al., 2004 |
Gli alimenti funzionali contengono almeno un componente, che può o meno essere un nutriente, che influenza le funzionalità dell’organismo in maniera positiva e produce effetti fisiologici al di là di quelli nutrizionali. L’effetto positivo dell’elemento funzionale può sia favorire e sostenere il mantenimento dello stato di benessere sia ridurre il rischio di patologie e il malessere. | Pelou et al., 2004 |
Gli alimenti funzionali hanno la capacità di migliorare la qualità della vita e/o le performance fisiche o mentali del consumatore regolare | Dórea e da Costa, 2005 |
Gli alimenti funzionali sono alimenti o ingredienti di alimenti che forniscono un effetto fisiologico addizionale oltre le necessità nutrizionali. | Riezzo et al., 2005 |
Modificata da Fleeman (2007)
Tabella 3 - Elencati dei probiotici, prebiotici e simbiotici di uso più comune
Probiotici | Lattobacilli: L. acidophilus, L. casei, L. delbrueckii subsp. Bulgaricus, L. reuteri, L. brevis, L. cellobiosus, L. curvatus, L. fermentum, L. plantarum |
Gram positivi e cocci: Lactococcus lactis subsp. Cremoris, Streptococcus salivarius subsp. Thermoïniques, Enterococcus, faecium, S. diaacety1actis, S. intermedius | |
Bifidobatteri: B. bifidum, B. animalis, B. adolescentis, B. infantis, B. longum, B. thermophi1um | |
Prebiotici | Fruttoligosaccaridi (FOS): Inulina, Oligofruttosio, Neozucchero |
Galattologosaccaridi (GOS): Lattolosio, Lattitolo | |
Sinbiotici | Bifidobacteria + FOS |
Bifidobacteria + FOS | |
Lattobacilli + Lattitolo |
Tabella 2 - Esempi di alimenti funzionali
Alimento funzionale | Componente attiva |
Yogurt, zucchero | probiotici e/o prebiotici |
Margarine | Aggiunta di fitosteroli e stanoli. |
Uova arricchite con acidi grassi Omega-3 | Acidi grassi Omega-3 |
Funzione attesa |
Modulazione della funzionalità e della popolazione microbica intestinale |
Riduzione del colesterolo LDL circolante e del rischio di malattie coronariche. |
Controllo dell’ipertensione, metabolismo dei grassi |
5 Marzo 2008