- Stampa Articolo |
- Commenti 0
Del.icio.us
| Facebook
| Digg
Rubrica: Musi ispiratori
I cani di Capri inebriati dal sole. Alex Munthe li osserva
Da “I vagabondaggi” di Alex Munthe
A cura di Adriana Silvestro
FotoGallery composta da 4 foto.
Alex Munthe era un medico e scrittore svedese, cultore dell’arte e amante della natura che si stabilì nell’isola di Capri nel 1896. Qui costruì una splendida villa, Villa San Michele, inglobando nella sua architettura i ruderi di un’antica cappella dedicata a S. Michele Arcangelo. Oggi Villa San Michele è una famosa meta turistica. Di questa casa si è detto che sembra la realizzazione di un sogno, tale è la sua bellezza. Munthe la volle così. Disse: "La mia casa deve essere aperta al sole e al vento e alle voci del mare – come un tempio greco – e luce, luce, luce ovunque!".
La stessa luce abbagliante la troviamo nella piazzetta di Capri, dove i vecchi cani che Munthe osserva, siedono in contemplazione. Potrebbe essere un racconto triste, poiché parla dello svanire della giovinezza di questi animali, scossi ancora soltanto dal grido delle oche selvatiche che volano sulle loro teste e vaganti tra i muri della piazzetta. Invece la modalità con cui l’autore ne parla, fa dei vecchi cani delle anime che candidamente accettano i cicli della vita ed i suoi cambiamenti, senza resistenze e senza clamore. Se, a causa della vecchiaia, il loro mondo si è ristretto, continuano comunque a trotterellare in uno spazio più piccolo, tra le varie botteghe, e provano ad incamminarsi verso Anacapri, fin dove ce la fanno. Hanno vissuto in un piccolo Eden, protetto e custodito dal mare, e sembrano saperlo. Poi un giorno si accucceranno per sempre, silenziosamente, senza abbaiare, e si incammineranno in una pace ancora più luminosa. Ma sarà solo il passaggio da una luce all’altra. Ed anche questo, in profondità, sembrano già saperlo.
“In piazza i cani stanno come prima seduti al sole in contemplazione. Il ciclo delle emozioni della loro vita è chiuso ed ora ricominciano a voltare una nuova pagina della loro storia, pagina dopo pagina con ritmo sempre uguale. I giorni seguono ai giorni e gli anni agli anni, e presto la vecchiaia arriva e getta qualche fiore bianco di mandorlo sul loro capo. Le splendide gioie dei sensi sono attutite, i sogni giovanili vaganti per gli spazi si sono spezzati le ali contro quattro mura della piazza e, come anatre domestiche, i cani trotterellano avanti ed indietro entro il loro ristretto mondo, dall’osteria di don Antonio alla stalla di Felicello, dal salone di Niccolino alla farmacia di don Petruccio.
Di tanto in tanto il grido gioioso delle oche selvatiche che passano libere lassù sopra il loro capo arriva fino in piazza ed essi, ripresi da un breve fremito di giovinezza, s’avviano con passo pesante su per la via di Anacapri fin dove le loro gambe stanche sanno portarli. A tratti una breve eco della rivoluzione del mondo giunge ai loro orecchi dietro la porta chiusa dell’ufficio postale di Don Peppino, ed essi guardano laggiù in una pace di sogno la bianca Napoli, i cui rumori di vita umana si perdono fra il mormorio delle onde, o il lontano Vesuvio rivoluzionario che non riuscirà mai a raggiungere con la sua collera minacciosa il loro piccolo Eden. E se ne stanno seduti nella piazza con gli occhi fissi sul fiume della vita che scorre davanti a loro. Ancora un po’ di anni, poi non si muovono più: sono come ipnotizzati. La lotta per l’esistenza è cessata, e insensibilmente scendono nel nirvana buddista, inconsci, senza soffrire, inebriati dal sole.”
20 Febbraio 2008